Art Record Covers di Francesco Spampinato è volume enciclopedico, edito da TASCHEN che illustra la storia delle copertine dei dischi dagli anni Cinquanta ad oggi, in cui si è verificata una collaborazione tra i musicisti e gli artisti chiamati ad intervenire come grafici per realizzare una copertina di un Lp.
Con l’avvento del Futurismo tra produzione visiva e musicale si stringe un rapporto sempre più intenso che dopo la produzione del Manifesto Futurista del 1913 di Luigi Russolo L’Arte dei Rumori approda a sperimentazioni sempre più estreme come Record without a cover, di Christian Marclay, del 1999 per Locus Solus, che fu venduto senza nessuna confezione al fine di integrare il suo inevitabile deterioramento come elemento formale del vinile stesso. L’album contiene un mix di musica classica, tango e jazz mixati tra loro e fusi con il suono delle puntine del giradischi che al contempo consumano l’oggetto.
Tutto il flusso di sperimentazioni sul tema da parte degli artisti ha dato un contributo fondamentale nella ri-determinazione dei confini del significato della parola musica.
Ma qui viene preso in esame unicamente l’aspetto visuale della musica che si è espresso a lungo soprattutto sulla superficie delle copertine degli Lp, sin dalla loro invenzione nel 1940 con le prime cover progettate da Alex Steinweiss per Columbia Records. Del resto prima dei videoclip le cover erano l’unica possibilità per sviluppare una narrazione visuale attorno alle figure dei musicisti, amplificando la seduzione sui propri fan ed è quindi naturale pensare che per molti ad un certo punto la rappresentazione decisa dalle corporate non bastasse più preferendo un’interazione più intensa con quei settori in cui si sperimentava dal punto di vista visuale e quindi con gli artisti.
L’episodio della collaborazione tra Jackie Gleason e Salvador Dalì per l’album Lonesome Echo del 1955 (il primo caso di collaborazione in questo senso) è notevole, il retro del disco, presenta una fotografia dei due artisti mentre si stringono la mano celebrando un accordo ufficiale, a sottolineare la predisposizione di Dalì ad attraversare i confini dell’arte e interferire nel mondo reale grazie all’utilizzo dei media e della comunicazione commerciale.
Numerosi i casi di collaborazioni con fotografi, spesso ingaggiati su licenza; pertanto veniva scelta una fotografia che di fatto era stata eseguita senza avere nessun incarico, come era spesso il caso di William Egglestone di cui resta memorabile la foto utilizzata per la cover dell’album dei Big Star, Radio City. Luigi Ghirri a sua volta era legatissimo alla musica e le sue fotografie furono utilizzate per copertine degli album di Gianni Morandi, Lucio Dalla, Ron e CCCP fra gli altri. Nel 1986 le sue fotografie vengono selezionate per realizzare numerose copertine per i dischi di musica classica prodotti dalla casa discografica RCA Italia: da Bach a Rachmaninov, da Beethoven a Chopin, da Vivaldi a Ravel.
Per non dimenticare Robert Mapplethorpe e Patti Smith che condividevano una piccola stanza del Chelsea Hotel dopo essere stati amanti e amici durante mille difficoltà prima che arrivasse la fama. La copertina di Horses del 1975 evoca queste turbolente esperienze in modo limpido.
Le copertine dei dischi realizzate da artisti, condividendo quanto scrive Spampinato in Art Record Covers, sono a loro volta multipli d’arte e diventano di fatto oggetti per collezioni d’arte accessibili che chiunque può acquisire. Da questo punto di vista l’artista si ribella alle limitazioni imposte dall’Art System e cerca un contatto più diretto con il pubblico intervenendo nel settore della comunicazione commerciale, partendo da un punto di vista alternativo e critico nei confronti della comunicazione mainstream in particolare legata all’industria della musica spesso focalizzata in modo monotono sull’erotizzazione delle rockstar o sulla riproduzione didascalica di immagini rassicuranti.