Il libro è la prima cosa che è stato possibile produrre in serie, dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg.
Porta in sé il seme della riproducibilità, modernamente intesa.
La riproducibilità e il conseguente potenziale di diffusione, erano anche le caratteristiche più temute dalla censura che individuava nella circolazione delle idee e nella loro sinergica contaminazione, il massimo pericolo possibile, soprattutto dopo l’esperienza della Riforma Protestante del (XVI sec.) che grazie alla stampa, ebbe la forza di diffondere la dottrina luterana ad una velocità prima impensabile e con grande capacità di penetrazione nel territorio.
Possiamo dire che sia un oggetto in grado di “incarnare” il concetto di Cultura, è custode di memoria e mezzo espressivo dotato di un proprio statuto formale. Per questo non appena è diventato un oggetto di massa (XIX sec.) gli artisti si sono subito interessati al Media, cercando di indagarne le potenzialità, ma soprattutto di utilizzarlo come “veicolo” per diffondere messaggi provocatori, contenuti innovativi, forme destrutturate e nuove estetiche mutuate dalla II Rivoluzione industriale. Fu soprattutto a partire dalla fine dell’Ottocento, dopo le sperimentazioni di Stéphane Mallarmé, che gli artisti si cimentarono nella progettazione editoriale, regalando a tutta l’industria novità grafiche importanti e liberando l’oggetto libro dalle convenzioni e dai suoi vincoli formali.
Oggi l’editoria, in particolare quella legata all’arte, sta vivendo un secondo periodo di trasformazione interessante, caratterizzato da una produzione crescente di progetti che coinvolgono trasversalmente varie figure del mondo della creatività, generando un’ibridazione tra linguaggi molto intensa e stimolante. Il flusso inarrestabile della “smaterializzazione” di internet in realtà non ci allontana dalla carta, non è la causa di una mai avvenuta morte del libro. Al contrario è una realtà che stimola il pubblico a richiedere prodotti editoriali sempre più curati nel layout e nella ricerca cartotecnica, lontani anni luce dal modo in cui si concepivano i prodotti editoriali fino alla fine degli anni Novanta.
L’esperienza fisica di avere un libro tra le mani viene valorizzata oggi, con una cura che ci riporta a pensare alle tipografie artigianali e all’attenzione con cui si realizzavano i libri in particolare fino ai primi del Novecento.
Il web diffonde il libro rendendolo visibile in ogni luogo del mondo e facendolo conoscere, e il libro stesso si relaziona dal punto di vista del layout al sito internet, inserendo nella sua grammatica elementi ritenuti esclusivi dello schermo come quello dello “scrolling”, la grafica “brutalista” che ricorda l’estetica primitiva dei primi siti online come la rivista Buffalo Zine.
Il magazine presenta editoriali di moda con una grafica a metà tra i primi siti di e-commerce e i blog testuali senza formattazioni adeguate, difficili da leggere con un aspetto grezzo, impaginazioni approssimative e immagini che scorrono dal basso verso l’alto, con fotografie simili a quelle caricate ogni giorno online da utenti volontari, auto-violatori della privacy, produttori inarrestabili di “contenuti” prodotti con la speranza che diventino virali e monetizzabili. Una traduzione interessante, in forma editoriale, dell’universo internet e della sua fruizione compulsiva che pur avendo scopi commerciali riesce a presentare in modo critico un ritratto dell’essere umano post-internet.
Si può individuare un’interessante ricerca artistica volta a scandagliare in maniera critica il materiale che viene riversato online, portata avanti da “artisti dell’archivio”. Ne è un esempio Parental Advisory, Thomas Mailaender a cura di RVB books [foto 3 e 4] che, setacciando profili Instagram e Facebook di utenti sconosciuti, ruba letteralmente immagini dove troviamo una visione della figura dei genitori in cui figli e adulti sono immortalati in contesti pericolosi, mostrando un’umanità infantile e irresponsabile al di là delle età.
Quando ci sono dei contenuti e una visione grafica lungimirante i due media non si fanno concorrenza, ma si sostengono l’uno con l’altro. Gli archivi digitalizzati consentono la consultazione costante di materiale altrimenti inaccessibile, sul quale si innestano nuove narrazioni ogni volta che qualche artista-antropologo comincia a fare selezione.
Anche Facebook, Flickr o in generale Google-Immagini, sono grandi archivi caotici e non sempre ben indicizzati, da cui spesso emerge la “meraviglia” generata da incontri causali e inaspettati di immagini costantemente ri-constestualizzate e ri-mediate.
È interessante pensare che due Media che hanno come caratteristica comune, se pur con grandi differenze, la diffusione di contenuti, abbiano trovato una tale sinergia: i tempi lenti della lettura consentono alle immagini di farci nuove domande, di interrogarci in modo inaspettato e al tempo stesso la loro ri-contesualizzazione sulla carta, rende le immagini selezionate più chiare, consentendone un’analisi più profonda.
The nine eyes of Google Street View, Jon Rafman è uno dei primi lavori a focalizzarsi sulle immagini del più grande archivio di fotografia di paesaggio al mondo, Google Street View. In questa ricerca pubblicata da Jean Boîte Éditions nel 2011 Jon Rafman presenta una selezione (di immagini) in cui i 9 occhi della GoogleCar registrano freddamente, accadimenti inaspettati selezionati per la loro capacità di stupire e meravigliare, proprio perché fortemente credibili dal momento che l’occhio elettronico scatta in un flusso ininterrotto.
La selezione è l’atto creativo dell’artista che sceglie le immagini più stupefacenti con un gusto a volte macabro e cinico per evocare la inevitabile freddezza operativa della fotocamera.
Sono soltanto pochissimi esempi di quanto da almeno 15 anni accade con l’incontro tra il mondo smaterializzato del web e quello concreto dei libri, l’incontro dei due Media stimola gli artisti a individuare nel magma di immagini fotografiche online, “Mirabilia” intangibili ai quali donano la fisicità e la rarità con il progetto editoriale, concepito come multiplo in edizioni limitate o come magazine sperimentale.