Immaginare il possibile

©Luca Marianaccio, dalla serie Buffetto all’italiana, 2012. Premiato al Premio Fotografico Nazionale Giovanni Gargiolli nel 2020. Courtesy l’artista

Sono trascorsi dodici anni da quando ho iniziato la mia ricerca artistica. Un salto nel buio, un cammino intrapreso senza mappe né segnali, guidato solo dal desiderio di raccontare. Nulla, davvero nulla nella mia vita fino a quel momento parlava di immagini o fotografia. Sono cresciuto in una provincia remota, dove il paesaggio, vasto e immobile, annulla i numeri della popolazione e dove la noia diventa terreno fertile per un mondo interiore.

In quel silenzio, l’assenza e il desiderio hanno nutrito la mia immaginazione, che ha trovato alimento in ciò che di più nobile mi circondava: la natura, il cinema, la musica.

L’ispirazione, per me, non è mai stata un lampo improvviso, una rivelazione senza corpo.
Ultimo di quattro figli in una famiglia lontana dal mondo culturale, ho sempre cercato un mio spazio. Appena maggiorenne, ho corso verso l’indipendenza e la città, quell’immenso magnete che attrae chi cerca di costruire qualcosa di nuovo. La passione per il progetto mi ha condotto a diventare architetto, non tanto per un dovere quanto per la gioia di immaginare il possibile, di dare forma a ciò che ancora non esiste. Ma proprio alla fine di quel percorso universitario, come un sentiero che si biforca inaspettato, si è aperta una nuova strada: quella della narrazione per immagini. Dapprima è stata una curiosità per i luoghi, per come la luce e le ombre raccontano spazi e volti; poi è diventata una necessità di affrontare storie complesse, di studiarle a fondo prima ancora di tradurle in fotografie.
Autodidatta, ho imparato in solitudine, costruendo una conoscenza ossessiva come chi insegue un’idea senza sosta. La mia formazione da architetto mi ha dato un vantaggio: il modo in cui il mondo è stato rappresentato dai grandi fotografi del Novecento era già parte del mio immaginario, depositato lì come un seme che attendeva solo di germogliare. In modo inconsapevole, mi sono ritrovato a seguire le orme della cosiddetta “scuola italiana di paesaggio”, ma ben presto ho capito che per trovare la mia voce dovevo allontanarmi da quelle radici. Come si dice: per crescere, bisogna “uccidere il maestro”. Ed è proprio ciò che ho fatto.

I miei primi progetti esploravano i mutamenti del paesaggio contemporaneo, naturale e artificiale, con un occhio attento alle dinamiche urbane e antropologiche. Collaboravo con urbanisti e antropologi per dare forma ai miei racconti visivi, ma mi accorgevo che l’eco di quei maestri continuava a risuonare nelle mie immagini. Solo con il tempo, e grazie al confronto con uno di loro, ho compreso che la mia mela, caduta non lontano dall’albero, aveva bisogno di allontanarsi per germogliare davvero.

©Luca Marianaccio, dalla serie Estetica quotidiana, 2012-2015. Courtesy l’artista

Tra il 2012 e il 2016, ho affinato il mio metodo fotografico, ottenendo molti riconoscimenti attraverso mostre e pubblicazioni. Tuttavia, nel 2017, ho vissuto una trasformazione significativa. Esplorando il mio archivio con uno sguardo rinnovato, ho scoperto un tesoro inaspettato: tra le numerose immagini scartate, quelle realizzate in momenti di libertà, al di fuori delle rigide costrizioni di un progetto, ve ne erano alcune che rivelavano una nuova dimensione. Queste fotografie parlavano con una voce più autentica e sincera.
Ma non è stata solo la mia visione a cambiare: anche il mio approccio tecnico ha subito un’evoluzione profonda. Liberandomi dalle lezioni del passato, ho preso il controllo totale del processo creativo. Dalla concezione iniziale all’elaborazione finale delle immagini, ogni fase è diventata parte della mia opera esclusiva. In precedenza, lavorando prevalentemente in grande e medio formato analogico, la stampa era un compromesso, un continuo braccio di ferro con lo stampatore. Il processo di sottrazione, che ho affinato nel tempo, era quasi impossibile da realizzare. Ora, invece, ogni stampa è il risultato diretto della mia visione, permettendomi di esprimere pienamente la mia creatività.
È così che è nato il mio secondo libro, Spin-off, un punto di svolta che ha rivoluzionato la mia concezione di narrazione visiva, grazie all’indispensabile contributo di Kaspar Houser (alias Valerio Nicoletti e Davide Giorgetta).

©Luca Marianaccio, Spin-off, editing e design Kaspar Houser, testo di Ruperto Pollegioni, 2017.
Premiato al Premio Marco Bastianelli di Roma, all’Unveil’d Photobook Award di Londra e a Athens Photo Festi-val

Ho capito che il libro fotografico è uno strumento potente, capace di entrare nell’intimità del lettore in un modo che le mostre non possono. Le mostre sono momenti effimeri, dove le distrazioni sono molteplici: il rumore della sala, lo stato d’animo del visitatore, le luci, tutto può interferire. Un libro, invece, ti costringe a immergerti, a costruire un percorso narrativo complesso, a sviluppare un racconto iconografico che possa essere esplorato in modo personale.
Dal 2017 in poi, questa consapevolezza ha guidato il mio lavoro. Ho dedicato gli anni successivi a raccontare storie che sentivo necessarie, rifiutando le mode e i temi del momento. I miei progetti sono spesso a lungo termine, frutto di studi e ricerche che mi permettono di approfondire ogni dettaglio.
Un esempio di questo modo di operare è 404 Not Found, un lavoro realizzato tra il 2017 e il 2019, dove esploro la città come esito di un atto creativo e la tecnologia come specchio di una solitudine crescente. Il racconto per immagini di 404 Not Found è una riflessione sul presente, sul futuro che ci attende, e sulla paura di incontrare noi stessi in un mondo che ci isola sempre di più.

©Luca Marianaccio, 404 Not Found, viste di installazioni. In alto, Galleria San Fedele Milano; in basso, Festival Fotografia Europea. Courtesy l’artista

Dal 2019 al 2023 ho lavorato su una trilogia di progetti intimi, dedicati alla perdita delle radici, al confinamento e alla rappresentazione dell’inconscio. Maggese è il primo di questi lavori, un racconto di una vita messa in pausa, come un campo lasciato a riposo per recuperare fertilità. In quei momenti di transizione, ho cercato di ritrovare un senso di appartenenza, di riconnettermi con il mondo attraverso l’immaginazione.

©Luca Marianaccio, Maggese, Vista di installazione. Galleria A space for photography,
Les Rencontres d’Arles, 2022. Courtesy l’artista

Il secondo progetto, I miei sogni non rimangono a casa, nasce durante la pandemia. Per la prima volta ho iniziato a costruire fisicamente i miei sogni, mettendoli in scena come una risposta all’impossibilità di viaggiare e incontrare luoghi e persone. Questa esperienza mi ha fatto riflettere su come il mio modo di raccontare potesse evolvere, dove la fotografia si mescola con la tridimensionalità, con il disegno e la costruzione. Il mio mondo visivo ha preso una nuova direzione, mescolando competenze architettoniche e immagini d’archivio.

©Luca Marianaccio, I miei sogni non rimangono a casa, mixed media, dittico. Courtesy l’artista

Infine, Effetto farfalla conclude la trilogia. Nato da una commissione, il progetto è diventato un diario personale in cui analizzo il mio nuovo ambiente post-pandemico. La fotografia è qui uno strumento di esplorazione, un modo per mettere sotto la lente ogni gesto, ogni dettaglio, cercando di comprendere il tutto attraverso la minuziosa osservazione delle parti.

©Luca Marianaccio, Effetto farfalla, MIA Photo Fair, new Post Photography Award, 2021

Il mio ultimo progetto, Loro, è forse il più ambizioso. Con esso si chiude un cerchio iniziato nel 2017 e culminato nella pubblicazione del mio terzo libro. Loro è un’indagine sulle presenze extraterrestri in Italia, che combina fotografia d’archivio, paesaggio, ritratti e rappresentazione digitale in una narrazione che non offre risposte definitive, ma invita a riflettere e discutere. Il tema degli UAP (Unidentified Aerial Phenomenon) viene affrontato con un approccio antropologico, aperto e imparziale, capace di mettere in dubbio le certezze e aprire nuove possibilità.

©Luca Marianaccio, Loro, edito da Edizioni Forward, 2024

Con Loro, sento di aver compiuto qualcosa di unico nella mia carriera. Eppure, so che il mio percorso sta cambiando, ancora una volta. L’immagine sarà solo una parte del mio lavoro futuro: disegno, scultura e installazione prenderanno il sopravvento. Questo cambiamento, maturato lentamente, mi ha dato nuova energia, e sono impaziente di mostrare i risultati al pubblico.