L’estetica nazista nel progetto editoriale
di Piotr Uklański

Piotr Uklański, The Nazis, Edition Patrick Frey, 1999

Nel 1999, Edition Patrick Frey pubblicò il libro d’artista di Piotr Uklański, The Nazis, in edizione limitata nel quale veniva formalizzata, in veste editoriale, la ricerca dell’artista polacco presentata come installazione al Metropolitan Museum di New York nel 1998. L’installazione The Nazis presentava 117 pannelli che ritraevano i primi piani di attori vestiti da Nazisti mentre recitano in film hollywoodiani. L’opera pone lo spettatore di fronte a un enigma: se l’orrore dell’Olocausto è davvero al di là della nostra capacità di rappresentarlo, allora da dove viene l’immagine stereotipata del nazista vestito di pelle, col monocolo e l’autografo? La provocazione di Uklański nasce dalla consapevolezza di quanto in realtà la nostra percezione dell’Olocausto sia totalmente filtrata dall’immaginario “glam” generato da Hollywood.

Christian Marcley, Crossfire!, 2000

L’attore dell’industria hollywoodiana è familiare al pubblico, in un certo senso diventa una figura amica, affidabile e che di conseguenza rende accettabile persino il ruolo di nazista. Così come nel lavoro di Christian Marcley Crossfire!, 2000 si mostra con chiarezza che  l’uso delle armi, filtrato da Hollywood, viene mostrato come un atteggiamento difensivo e spesso inevitabile. Gli attori puntano le loro pistole direttamente sul volto degli spettatori, eppure questi continuano a fidarsi, a considerarli in fondo amici e l’arma da strumento di distruzione, diventa uno scettro difensivo, non solo accettabile, ma auspicabile.
Del resto per gran parte del pubblico, il cinema Hollywoodiano e la televisione, sono state entrambe fonti di informazione anzi direi proprio che hanno rappresentato l’unica forma di sistema educativo. Cinema mainstream e pubblicità d’altra parte hanno disegnato (diremmo manipolato) in modo puntuale la nostra società, in particolare quella occidentale e bianca che dalle pervasive immagini commerciali ha ricavato le risposte, le conferme e le “giuste” indicazioni.
Da qui la grande fiducia che riponiamo in ciò che ci viene mostrato su uno schermo, che oggi ci porta ad assumere costantemente una postura ingobbita di remissione anche mentre camminiamo con il telefono tra le mani. La coscienza critica è totalmente azzerata, quindi se Harrison Ford indossa una divisa delle SS o Robert De Niro ci punta una pistola addosso, noi godiamo dell’aspetto ludico, senza renderci conto che pian piano cominciamo ad accettare l’una e l’altra forma di violenza come inevitabili. Da The Nazis Uklański prende spunto per realizzare 16 anni più tardi, Real Nazis. A metà fra il memoriale di qualche distopico College americano e un catalogo del male assoluto, si susseguono senza sosta le immagini (per lo più primi piani) di personalità del partito nazista, “eroi di guerra” decorati e criminali di guerra.

Real Nazis, Piotr Uklański, 2017

La raccolta  sovrappone fatti e finzione: l’immagine propagandistica del Terzo Reich – a colori molto spesso, per dare un’idea di umanità puntualmente smentita dai fatti – si mescola con l’iconografia nazista generata da Hollywood, rivelando una somiglianza inquietante, persino spaventosa, tra gli attori e gli esponenti nazisti ritratti nella vita reale. Diventa evidente quanto il potere nazista sia dipeso da un immaginario attraente ed efficacemente progettato, dove sono esibiti i costumi del potere decorati con luccicanti medaglie metalliche kitsch e ridicole se si pensa allo scopo di seduzione.
Real Nazis si apre con un testo dell’artista che alla fine dichiara: «Quando Adolf Eichmann entrò per la prima volta nell’aula del tribunale di Gerusalemme nel 1961, la gente rimase scioccata. Il suo volto era arrossato e sembrava terribilmente normale. L’incarnazione del male supremo era in scena, ritraendosi come un uomo comune. Non c’è verità nella rappresentazione».1

Real nazis, Piotr Uklański, Patrick Frey, 2017

Con un’ampia selezione di circa 200 immagini provenienti da diversi archivi privati, Uklański si chiede e ci chiede: chi sono i “veri” nazisti in questo flusso di immagini? Questo gioco di specchi è anche un commento pungente sulla condizione attuale in Europa e aggiungo in Italia, in cui i confini tra politica populista che si esprime per slogan roboanti online e ideologia fascista sono sempre più sfumati.

 

NOTE
1 «When Adolf Eichman Entered the courtroom in Jerusalem for the first time in 1961 people were shocked. He had a blush of color on his face and seemed terribly normal. The incarnation of ultimate evil was in drag portraying himself as an ordinary man. There is no truth in representation».  (Real nazis, Patrick Frey, 2017, p. 3).