Linea di marea

Valeria Pierini, backstage, foto © Anasuya Pless

Ho scoperto di non essere nuova nel lavorare col mare. L’ho capito in questi ultimi due anni, mano a mano che le simpatie geografiche o naturalistiche emergevano: mare, balene… ma è iniziato prima. Nella carriera di un artista ci sono archetipi e affezioni che piano piano trovano il modo di risalire, ridisegnando, di volta in volta la sua linea di marea. Un magma non verbale che solo quando viene scritto o visualizzato diventa consapevole, modellabile, fino a che si raffredda in immagini creando così immaginari, mondi. Penso a Rachel Carson1 che grazie alla madre si è appassionata al mare e alla natura. Ecco, penso a questi archetipi che emergono realizzando ciò che mi ha segnato da bambina. Volevo essere scienziata e mi ritrovo ad essere artista, maneggiando quegli archetipi di bambina.
Questa è una ricognizione degli ultimi due anni, in cui il mio percorso ha subìto un’evoluzione che asseconda la mia curiosità verso il mondo naturale, estinguendo, una volta per tutte, quel tarlo-conflitto tra arte e scienza.
Dopo aver visto lo Stretto di Messina e il mare color vino di cui parla Omero2, ho maturato l’idea di lavorare sul mare. Succedeva mentre realizzavo Moto a luogo3, un libro sul processo creativo di Divampante fulgore, dedicato all’Etna.
A distanza di un anno da quel giorno sullo Stretto ho trovato la quadra per questo progetto sul mare, passando per il fondale dell’Oceano Tetide e le balene.
Avevo già incontrato la Tetide quando lessi che l’Etna è emerso da questo oceano caldo e poco profondo. Per me la fotografia è qualcosa che serve per approfondire una materia che mi interessa e un modo per dare a vedere le idee. Quindi sono quasi uscita di senno dall’eccitazione quando ho cercato di immaginare la Tetide. Com’è un mare che nessuno ha mai visto? Come lo immagino? Perdendomi negli abissi del tempo ho letteralmente costruito, pezzo per pezzo, fotografie che restituissero questo mistero, oscuro, del tempo, nel tempo.

Valeria Pierini, Studi su Tetide, dalla serie Moto a luogo, 2022. Courtesy l’artista
Valeria Pierini, Divampante fulgore #1, 2022. Courtesy l’artista
Valeria Pierini, Divampante fulgore #2, 2022. Courtesy l’artista

Nell’attuale parte ovest dell’Umbria, la Tetide formava un golfo, il cui fondale è emerso e calpestabile: l’argilla scricchiola ed è costellata di conchiglie fossili. Hanno trovato dei resti di balene estinte, in questa collina. Allora dal fondale sono arrivata alle balene, riprendendo una tecnica affinata con parte del lavoro sull’Etna4: photo trouvè stampate con la stampante da ufficio, colorate a mano, scansionate, editate, a ciclo continuo fino a che fotografia e disegno si fondono. Avevo già usato questa tecnica con le balene, per Santuario Pelagos, realizzata per il Festival delle correnti del 2022.
Nel tempo dell’IA la mia esigenza è quella di tornare fortemente alla materia e all’esperienza per far sì che le opere siano il risultato di un’esperienza immersiva nei luoghi-soggetti in cui lavoro, dove l’ossessione per il processo creativo lascia spazio all’osservazione e alla contemplazione.
Se, come diceva Virginia Woolf, per scrivere bastano un foglio e una matita allora anche fare arte deve essere un qualcosa di semplice, da poter sviluppare anche nell’immediato della pulsione creativa, senza sovrastrutture che ne limitino la realizzazione (almeno nelle fasi iniziali). Una stampante, carta, pastelli, iniziare con ciò che si ha.

Valeria Pierini, Santuario Pelagos, 2022. Courtesy l’artista
Valeria Pierini, Le balene ubbidiscono a dio #5. Courtesy l’artista

L’unica balena che ho visto in vita mia era morta e imbalsamata (…) ho incontrato invece un sacco di vecchie ossa in giro per il mondo5, mi sono ritrovata molto in questa frase. La prima balena che ho visto è in Donegal: una spina dorsale in un museo a Fort Dunree6 nel 2019, quando il mare inizia ad emergere dai miei lavori, la seconda e la terza sono in Umbria e sono estinte, non solo perché morte ma perché sono specie fuori catalogo.

Valeria Pierini, Untitled #9, dalla serie Northern Sea, 2019. Courtesy l’artista
Valeria Pierini, As above so below #2, dalla serie Northern Sea, 2019. Courtesy l’artista

Ho scelto le megattere perché sono le eredi di quelle balene estinte trovate in Umbria, il cui disegno delle ossa, che le riporta così come sono state trovate, è il fulcro da cui si dirama la mia installazione.

Valeria Pierini, Dalla balena alla dea, dalla serie Pelagenio, 2023. Courtesy l’artista
Valeria Pierini, Abisso, libro d’artista realizzato con lo studio tessile hallowasabi, 2023. Courtesy l’artista

Sono così giunta a I greci non conoscevano il blu. L’ho chiamato così perché quando, due anni fa, sullo Stretto, ho realizzato di star guardando il mare color vino di cui parla Omero, ho pensato che la spiegazione di tale cosa fosse il titolo naturale e più immediato. Perché di fatto, senza avere un progetto né un metodo, io sapevo che dovevo partire dal mare, dal blu, dal colore.
Quindi dai pastelli su foto in bianco e nero sono passata a una sorta di contrario: agli acquerelli su foto a colori. Un progetto che parte dalla percezione visiva e che, all’atto finale, ritorna restituito come un progetto sulla percezione visiva, un’esperienza di world buildindg attraverso la percezione.

Valeria Pierini, Il mare color vino, dalla serie I greci non conoscevano il blu, 2023, in progress. Courtesy l’artista

Ibridare la fotografia con gli acquerelli mi permette di portare le immagini nell’immaginario, di portare il paesaggio da dato reale a dato interiore. Parto sempre da un dato reale ma l’intenzione è varcare la soglia di una geografia immaginale, quindi sempre inedita, a ogni sguardo, di ognuno.
Il progetto prevede una mappatura del Mediterraneo scegliendo i luoghi in base a interessi geografici, naturalistici, mitologici o storici. Le foto delle balene sono diventate dei libri d’artista volti a finanziare quest’Odissea sul Mare di mezzo.

Valeria Pierini, Studi su Palermo #1, dalla serie I greci non conoscevano il blu, 2023 in progress. Courtesy l’artista

Se tutto è stato mappato7 allora l’invisibile, la soglia, diventa strada per nuove cartografie di senso e contemplazione, di una continua ri-scoperta dei luoghi attraverso l’atto di guardare. Se la cartografia presuppone un’idea narrativa8 allora dare a vedere una versione inedita del mare attraverso la manipolazione con gli acquerelli diventa un’operazione che cancella dati e ne inserisce altrettanti, ad ogni pennellata.

Valeria Pierini, Studi su Palermo #2, dalla serie I greci non conoscevano il blu, 2023 in progress. Courtesy l’artista

Immagine-mondo9. L’idea che aveva Alexander Von Humboldt del mondo e delle immagini che si discostava totalmente dal concetto di ‘panorama’. La sua Naturgermalde, l’unica occhiata, è un’innovazione che racchiude il profondo senso di connessione e contemplazione della natura, che porta conoscenza e discernimento. Il microcosmo in una sola pagina: connettere il visibile all’invisibile10, un senso di unione che pochi in occidente hanno intuito. A. V. H. ce lo ha donato, ha fuso arte e scienza senza discriminarle e io mi ci ritrovo totalmente.

Valeria Pierini, Studi su Catania, dalla serie I greci non conoscevano il blu, 2023, in progress. Courtesy l’artista

La mia pratica, attualmente, oltre che incarnare il concetto che l’opera è il processo e lo scopo della ricerca è la ricerca, consta anche di escogitare azioni funzionali ai progetti che porto avanti, tramite operazioni virtuose, sostenibili e circolari che mi permettano di coltivare (letteralmente) un mercato di collezionisti che, informati attraverso materiali per loro esclusivi (short docu, blog, diari di viaggio, anticipazioni, bibliografia, provini) partecipano a quella che diventa una vera e propria operazione di divulgazione. Sono messi nella condizione di conoscere in modo approfondito ciò che comprano, accompagnandomi nelle mie esperienze perché ne sono partecipi. I miei crowdfunding sono interamente gestiti da me e queste dinamiche, come quelle della mia ricerca artistica, confluiscono nelle attività di Incontri di fotografia che siano corsi tenuti da me o crowdfunding al servizio del lavoro dei miei colleghi.
Come facciamo, io e i miei colleghi, ad avere un mercato? Creando un ecosistema sostenibile, virtuoso, che ci permetta di portare avanti la nostra ricerca. Penso al documentario su Luigi Ghirri dove a un certo punto dice sono pagato per pensare11. Non per fare le foto ma per pensare, perché le foto nascono dal pensiero e non posso che sposare tutto questo.

Valeria Pierini, Studi sul fondale della Tetide #1, dalla serie I greci non conoscevano il blu, 2023 in progress. Courtesy l’artista

L’insegnamento che traggo da queste peregrinazioni a contatto con gli elementi è quello di contemplare, conoscere, più che controllare, di non farmi agire dalle passioni ma di addomesticarle alla mia attitudine. Così l’opera è il processo, così lo scopo della ricerca è fare ricerca.


Valeria Pierini, Scansione dal diario d’artista, 2024. Courtesy l’artista

 

NOTE

1 P. Svensson,  L’uomo con lo scandaglio, Iperborea, 2023.
2 R. Falcinelli, Cromorama, Einaudi, 2017.
3 V. Pierini, MOTO A LUOGO, Incontridifotografia, 2023.
4 V. Pierini, Il libro degli eventi, Incontridifotografia, 2021.
5 M. Meschiari su C. Losi, The whale theory. Un immaginario animale, Johan & Levi, 2020.
6 V. Pierini, Limbo land, Incontridifotografia & BAM Bottega Antonio Manta, 2022.
7 Citazione di A. Vanoli
8 M. Meschiari, cit.
9 O. Ette, J. Maier, A. von Humboldt. The complete drawings from the american travel diaries, Prestel, 2018.
10 A. von Humboldt, Quadri della natura, Codice edizioni, 2018.
11 Infinito. L’universo di Luigi Ghirri, regia di Matteo Parisini, 2022.

 

Il sito di Valeria Pierini 

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