Ospitiamo un breve ma graffiante contributo di Edward Rozzo che assumiamo come sprone per la nostra nuova attività. Un monito e un incitamento a “fare”, con uno sguardo sempre attento alla complessità del mondo contemporaneo.
Italiano di origine statunitense, laureato alla Rhode Island School of Design, Edward Rozzo si stabilisce a Milano dove si dedica a un’intensa attività didattica e professionale. Oggi è Academic Fellow all’Università Bocconi e insegna in corsi e workshop presso SDA Bocconi, Università Cattolica, PoliDesign e Milano Fashion Institute.
La razza umana ama semplificare. La semplificazione ci aiuta a navigare attraverso i rischi e attraverso tutta l’informazione che bombarda i nostri sensi, ci aiuta a mappare la realtà ed è probabilmente questo istinto a far sì che si continui a parlare di fotografia, arte contemporanea o cinema, come se il mezzo fosse il messaggio (Marshall McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man, 1964, Routledge – 2 edizione, 2001).
Non siamo più nel 1964.
Il mezzo non è il messaggio poiché fra l’uno e l’altro si sono introdotti concetti come la rappresentazione, la semiotica, la cultura personale, la sociologia, la psicologia e, infine, l’ermeneutica, anche individuale, che nel frattempo hanno arricchito la comprensione del mondo visivo.
Ma nel 1964 era una bella idea dire che il mezzo era il messaggio. Il mezzo costituiva un modo per superare i vecchi schemi e farci capire che i media creano certi tipi di messaggi e non altri. La realtà veniva trasformata da ogni media che la rappresentasse.
Oggi non serve più parlare di fotografia come non serve parlare di televisione o del layout dei periodici. Non serve più spiegare come i titoli dei giornali creano un pregiudizio nel lettore. Abbiamo ormai capito i limiti di ognuno di questi media e come possono trasformare la realtà.
L’urgenza, oggi, è parlare di qual è la “nuova realtà” che stiamo vivendo e come possiamo esprimere il cambiamento attraverso una cultura visiva: immagine, video, disegno, grafica, fumetto, Instagram o TikTok che sia.
Perché noi, in un mondo che è post-moderno, post-verità, post-Covid19, post muro di Berlino, post-USSR, post-Inghilterra come parte dell’EU, noi abbiamo vissuto tutto questo e facciamo fatica a capire qual è il presente.
Nel momento in cui cerchiamo di decifrare il presente, l’immagine, se fatta con intelligenza, ci può spiegare qualcosa in più, farci percepire meglio certe sinergie significative. E allora non serve più creare dei Maestri e nemmeno dei Musei con i loro muri bianchi. Serve riflettere e le immagini possono aiutarci a farlo tanto quanto possono farci riflettere le notizie, l’economia, gli eventi, le emozioni e tutto ciò che ci circonda. Ma la nostra riflessione, come ogni narrativa strutturata per diventare un racconto con un arco drammatico, la narrativa di ognuno di noi, non serve a nulla se non viene realizzata per creare “senso”.
Il nostro obiettivo è quindi quello di fare in modo che questa piattaforma ci aiuti a creare senso, significati. Ci aiuti a capire. Perché una nuova rivista che si occupa di arti visive non ci aiuta se non è, prima di tutto, una piattaforma di idee.